Continua in Senato l’esame del Testo Unificato sul gioco d’azzardo, adottato dalle commissioni riunite Giustizia e Finanze e che, dopo l’apparente unanimità di consensi del suo esordio, comincia a scatenare le prime polemiche. Se sul primo capo, quello che riguarda la definizione e la lotta alle ludopatie, sembrano essere tutti retoricamente d’accordo, è la questione fiscale a far nascere le prime perplessità. Quella del gioco è oggi la quarta industria del Paese e la tentazione da parte dello Stato di “attingere a piene mani” è evidente, ma sembra una soluzione decisamente deleteria, dagli effetti collaterali incontrollabili. La prima eccezione mossa in sede di esame è che le Aziende autorizzate ad operare sul territorio nazionale, in quanto titolari di concessione, dovrebbero essere considerate alla stregua di partner dello Stato e, di conseguenza, dovrebbero poter partecipare alle trattative in materia fiscale, piuttosto che “subire” le decisioni di una commissione parlamentare. La soluzione proposta come alternativa è un intensificazione del monitoraggio che, oltre a garantire una maggiore fluidità e certezza del gettito, permetterebbe di osservare e affrontare il problema delle ludopatie con maggiore concretezza. L’aumento della pressione fiscale, soluzione forse cara all’attuale Governo, rischierebbe infatti di dirottare gli investimenti già estremamente onerosi degli Operatori di Gioco verso mercati più “libertini”, nei quali magari non viga “l’istituto della concessione”, con una conseguente contrazione delle entrate erariali. Un po’ come accaduto con l’aumento dell’IVA che, piuttosto che aumentare il gettito fiscale, ha depresso i consumi provocando una diminuzione delle entrate pari ad oltre 3miliardi solo nel primo semestre 2012.
Di questo avviso anche il sottosegretario all’Economia Polillo, secondo il quale “Tassando ulteriormente i giochi si potrebbe arrivare al risultato opposto di diminuire il gettito complessivo” anche perché parte delle giocate finirebbe sicuramente sui canali illegali, spingendo molti giocatori a rivolgersi ad Operatori (esteri non titolari di concessione) o ai più classici “allibratori”. Più tasse=più gioco illegale e meno entrate. Di conseguenza meno tutela per i giocatori e aumento del rischio di truffe e ludopatie.
Una nuova seduta è prevista in Senato per domani mattina e, sebbene l’accordo tra le parti sembri ancora lontano, la discussione suscitata dai vari capi del Testo Unico lascia ben sperare in un esito positivo, che porti alla nascita di una normativa certa e chiara. A noi non resta che incrociare le dita e auspicare che si superi quanto prima la sterile retorica politica e si prenda atto che quella del gioco è una realtà con la quale bisogna cominciare a fare i conti, liberando il termine “azzardo” da quell’immagine negativa che tanti moralisti continuano ad affibbiarle, per avvicinarci al concetto meno deplorevole più anglosassone di “gambling”.