Dal luglio dello scorso anno per molti giocatori italiani il termine All In non era più solo l’espressione più popolare del mondo del poker. Cinque lettere che, accompagnate da un tanto semplice quanto magniloquente gesto delle mani che spingono lentamente in avanti le proprie chips, racchiudono un sogno, una speranza, segnano molto spesso il confine tra il trionfo e la disfatta. Due monosillabi capaci di racchiudere intense emozioni, come il calcio di rigore decisivo nella finale dei mondiali e che da quasi un anno erano diventate, per qualcuno, odiose e sgradevoli come gli accertamenti della Guardia di Finanza. “All In” è infatti il beffardo nome dell’operazione condotta dalle Fiamme Gialle in collaborazione con l’Agenzia delle Entrate, nata per “pizzicare” quei giocatori di poker italiani che hanno realizzato vincite all’estero. L’assunto da cui erano partiti gli agenti del fisco era che tali vincite erano da ricondurre alle tassazione previste dall’art. 67, comma 1, lett. d ) TUIR (Testo Unico delle Imposte sui Redditi), in base al quale “le vincite delle lotterie, dei concorsi a premio, dei giochi e delle scommesse (…)”, laddove non siano soggette ad altro regime d’imposta, sono da considerarsi appartenenti alla categoria dei “redditi diversi”.
Il problema è che secondo la legislazione comunitaria non è possibile tassare una tipologia di reddito conseguito in un qualunque Stato dell’UE che, se percepito all’interno del proprio Stato, non sarebbe stato soggetto ad imposizione. Le vincite ottenute nei casinò italiani sono già tassate alla fonte, direttamente dalla sala da gioco, che applica la così detta Isi (Imposta sugli spettacoli), la qual cosa significa che in Italia non formano oggetto d’imposizione diretta a carico del contribuente.
Questo vuol dire che l’interpretazione dall’art. 67 del TUIR è in contrasto con la normativa comunitaria? Secondo Commissione Tributaria Provinciale di Gorizia sì, dal momento che in questo modo si sottoporrebbe il contribuente ad una doppia tassazione, violando il principio della tax equity. La sentenza, emessa l’11 ottobre del 2011 e solo da pochi giorni pubblicata integralmente, accoglie il ricorso di un giocatore italiano al quale l’Agenzia delle Entrate aveva contestato vincite non dichiarate, per un totale di oltre 700mila euro, realizzate presso il Casinò Perla di Nova Gorica tra il 2004 e il 2006.
Forse questa sentenza non risolve immediatamente l’annosa disputa tra fisco e giocatori, ma segna un passo decisivo verso la risoluzione di quella che sembra a tutti gli effetti una vera e propria persecuzione. Giocatori italiani incrociate le dita: pensavamo di essere drawing dead, ma ci rimane sempre la speranza di una bella sculacchiata al river!