Mentre in sede istituzionale continua il dibattito sul problema delle dipendenze da gioco, sembra essersi arenata la questione della liberalizzazione delle sale da gioco per il poker live. Il DL Balduzzi (Decreto Salute) è appena stato approvato ed è già polemica. Divieto di pubblicizzare il gioco d’azzardo nelle fasce orarie protette, distanza minima di 200 metri delle case da gioco da scuole e centri di aggregazione giovanile. Qualcuno forse sperava di poter creare dei ghetti per giocatori, relegando le sale ad un chilometro dai così detti luoghi sensibili. Dei luoghi di segregazione, lontani dalla civiltà. Sì, perché nella maggior parte delle realtà in cui il poker ha messo le radici, percorrere questa distanza potrebbe significare ritrovarsi nel bel mezzo delle campagne. E anche nelle grandi città, le case da gioco finirebbero nei quartieri periferici, abbandonati dalle istituzioni, là dove la criminalità attecchisce più facilmente.
Il problema sembra sempre lo stesso: chi ci governa, indipendentemente dalla bandiera che ostenta, non ha la capacità di “penetrare il territorio”. Manca di profondità di pensiero. Quando si pensa a riforme e interventi sociali, si parte dal presupposto che l’Italia sia solo Roma, Milano, Napoli e si perde di vista il fatto che meno della metà della popolazione vive in aree ad alta urbanizzazione. La realtà provinciale, vero motore della nostra cultura e della nostra storia, è qualcosa di diverso, di troppo lontano dalla ribalta politica che tanto piace ai demagoghi in cravatta regimental. Nei nostri paesi, da nord a sud senza alcuna differenza, la prima sala giochi è il bar della piazza, luogo di aggregazione per eccellenza, in cui gli anziani giocano a tresette, i più giovani si fanno il pokerino e qualcuno ordina un paio di Peroni e un gratta e vinci. Associare questi luoghi alle bische fumose della New York degli anni ’50, vuol dire professare il falso, oppure parlare senza cognizione di causa. Nessuno nega l’esistenza di case da gioco con gravi infiltrazioni (o di proprietà) della mala, ma il governo (o meglio i governi) dovrebbe interrogarsi sulle proprie responsabilità. Proibire ex abrupto il gioco, soprattutto in un Paese in cui questo ha profonde radici storico culturali, non poteva non avere gravi effetti collaterali. Il proibizionismo alimenta sommerso, il contrabbando, il mercato nero. Non è necessaria una laurea in storia per saperlo. Però è un bel colpo ad effetto. Fa capire quanto ci si tenga al nostro benessere economico e alla nostra salute… e al consenso di alcune lobby illuminate da moralismi di stampo religioso…
In realtà il motivo per cui ci si impantana nel discutere del problema delle slot e delle lotterie è chiaro: nonostante l’incremento del 24% della raccolta dei giochi, nel primo semestre 2012 lo Stato ha incassato il 3.5% in meno rispetto allo stesso semestre dell’anno precedente. Questo perché il boom ha riguardato esclusivamente poker e casinò online, che godono di un regime fiscale agevolato per contrastare la concorrenza dei siti stranieri. Questo vuol dire che l’interesse dello Stato si rivolge a quel settore che garantisce un gettito fiscale proporzionalmente maggiore, a quei giochi facili da spammare, reperibili in qualunque tabaccaio, supermercato, bar e addirittura negli uffici postali!
Oggi ci si pone il problema della dipendenza dal gioco. Ieri si moltiplicavano le estrazioni del Lotto e si installavano distributori di gratta e vinci nei luoghi pubblici. L’ennesima contraddizione di istituzioni spesso incoerenti. Come il tentativo di accorpare AAMS all’Agenzia delle Dogane per “risparmiare”. Peccato che AAMS abbia presentato un bilancio con un avanzo di gestione di quasi 400milioni di euro, che andranno riversati nelle casse dello Stato.
Il settore del gioco, poker in testa, è uno dei pochi in crescita in Italia. Crea occupazione e reddito, non inquina, offre forme di divertimento molto più sane di quanto si pensi. Una realtà crescente con cui bisogna fare i conti. Non è possibile mettere la testa sotto la sabbia e ignorarla, perché quando si rialzerà lo sguardo, si potrebbe scoprire che nel frattempo qualcun altro si è sostituito alle legittime istituzioni. Ignorare i cambiamenti significa rimanere indietro. È vero, la ludopatia è un problema serio. Ma lo è anche lo shopping compulsivo e la bulimia, eppure nessuno si sognerebbe di imporre limitazioni al commercio o di relegare i ristoranti lontani dalle scuole! Piuttosto in questi casi si agisce nel modo in cui ci si aspetterebbe agisse uno Stato: educando!
Un invito ai detrattori del gioco a fare un bel giro per l’Italia, visitando le tante sale da gioco come quelle del nostro network, dove migliaia di persone ogni giorno si incontrano per condividere una passione senza sentire il bisogno di arricchirsi, senza rovinarsi, senza ridurre le proprie famiglie sul lastrico. Facile è proibire, difficile disciplinare, ma quello che ci aspettiamo dai governi non è la strada più facile. Le scorciatoie le lasciamo ai demagoghi.
Parola di un ex detrattore del poker!