Quanta ipocrisia intorno al gioco d’azzardo. Ormai dovremmo averci fatto l’abitudine, esserci assuefatti. Eppure, proprio quando il qualunquismo sembra aver definitivamente anestetizzato il dibattito, dal mondo della politica si leva l’inaspettata voce che riaccende la diatriba, strappando un sorriso di scherno.
Certo leggendo i nomi dei protagonisti del “fatto di oggi”, potrei limitarmi a quel sorriso e tirar dritto. Ma l’ipocrisia di certe parole mi impedisce di far finta di niente.
Il presidente della Regione Lombardia Roberto Maroni non ha bisogno di presentazioni, le sue posizioni politiche sono ben note. Qualche accenno merita invece Ettore Pirovano, personaggio forse meno noto, ma decisamente famigerato. Presidente della Provincia di Bergamo, è stato contemporaneamente anche Deputato durante della XVI legislatura, rifiutandosi di riconoscere l’incompatibilità dei due incarichi. Per sostenere le proprie ragioni, dimostrò di avere il dono dell’ubiquità: nel luglio del 2009 riuscì a risultare presente e votante alla Camera, mentre si trovava a Bergamo! Condannato con tutta la giunta per aver finanziato illecitamente la “scuola padana”, è soprattutto noto per aver proposto la deportazione per i senzatetto e la riforma dei codici di emergenza del Pronto Soccorso, basandola sul democratico principio della nazionalità del paziente, piuttosto che sulla gravità delle sue condizioni di salute.
Come non essere d’accordo con una persona di tale spessore morale, quando afferma, in visita con il Presidente Maroni a San Pellegrino Terme (BG) “che un casinò è a tutela del consumatore ed è assolutamente mille volte meno pericoloso di una slot machine in un paesino di periferia”?
Voi perbenisti malpensanti crederete che una tale dichiarazione sia basata solo su interessi di casta, perché casualmente il Casinò di San Pellegrino Terme è (o meglio sarebbe, visto che ha funzionato solo fino al 1917) gestito dal Comune. Beh, vi sbagliate! Perché, come continua lo stesso Pirovano, incalzato dal Presidente Maroni, “è un gesto volontario entrare in un casinò, bisogna decidere di entrarci. Bisogna magari anche vestirsi in un certo modo. Non può certo farlo uno che esce di casa, si infila in una tabaccheria e ci lascia 300 euro della pensione del marito e della moglie”. Forse bisognerebbe spiegare al Presidente Pirovano che le norme sull’abbigliamento per l’accesso ai casinò oggi si limitano ad un “si raccomanda abbigliamento adeguato”, per cui, a meno di essere uno dei “vagabondi” destinati alla deportazione, mi riesce difficile pensare che si possa essere bloccati all’ingresso di una casa da gioco. Soprattutto se si ha in tasca un po’ di cash.
La domanda a questo punto mi sorge spontanea: è più pericoloso per se stesso il giocatore che jeans e maglietta “esce di casa, si infila in una tabaccheria e ci lascia 300 euro”, oppure quello che entra in un Casinò vestito di tutto punto e, rinchiuso tra le quattro mura, rischia di perdere il senso del limite?
La Regione Lombardia e molti comuni governati dalla Lega Nord hanno recentemente approvato una serie di norme contro il gioco, per arginare e prevenire il dilagare delle ludopatie. Norme che limitano l’attività dei PDC e PVR, di proprietà di piccoli imprenditori privati. Ora è chiaro il perché.
“Nessuna contraddizione”, tranquillizza Maroni. Forse la differenza tra gioco cattivo e gioco buono dipende solo da chi ci guadagna: lo Stato, l’esercente… o la Lega.