Minori e gioco d'azzardo: meglio il bastone o la carota?

Minori e gioco d'azzardo: meglio il bastone o la carota?
tra bastone e carota, cosa scelgono le famiglie italiane?

Domenica scorsa, di ritorno dalle vacanze, mi fermo in una Stazione di Servizio della Salerno Reggio Calabria. Non ricordo di quale Stazione fosse, probabilmente Tarsia o al massimo Frascineto. Ciò che non scorderò facilmente, però, è la pietosa scena cui ho assisto.

Appena fuori la caffetteria c’è una slot machine o forse un videopoker. Una famiglia esce dai bagni: padre, figlio e nonno. Il bambino, che avrà avuto non più di dieci, dodici anni, dirigendosi verso la macchinetta, chiede in dialetto stretto “Papà, posso fare una partita?”

Il padre risponde (sempre in dialetto) “No, dobbiamo andare che c’è traffico”.

C’è traffico? Risposta sbagliata… voglio dire: il traffico c’è, e anche tanto, essendo una classico domenica da controesodo, ma non è certo questo il motivo con cui spiegare ad un bambino che non può giocare ad una slot.

Il bambino allora insiste, approfitta del varco che si è aperto tra le deboli motivazioni dal padre e, con tono sempre più capriccioso e ostinato incalza: “E dai, tanto dura poco!”

Come a dire: al massimo perderemo cinque minuti sulla tabella di marcia.

Seconda opportunità per il padre. Questa volta non può sbagliare: “Ho detto NO – insiste, si impunta con decisione e io tifo per lui – c’è mamma che ci aspetta in macchina”

Ancora una risposta sbagliata, condita da un patetico tentativo di scaricare la patata bollente sulla madre. Nella scala gerarchica ormai il padre è stato sorpassato anche dal chihuahua di famiglia e il bimbo, bizzoso e testardo, si prepara ad affondare il colpo: “Ma perché no, che ti costa? Lo sai che faccio subito”

Lo sai che faccio subito? Voi come lo interpretate?

Il nonno, appena promosso al penultimo posto della gerarchia familiare grazie al declassamento del proprio erede, finora ha assistito alla scena fissando attonito ora il figlio, ora il nipote. Ma l’inaspettata promozione lo spinge all’azione: infila la mano in tasca e promette un bel gelato per metter fine alla diatriba.

Il padre trova l’occasione perfetta per sottrarsi a quel penoso, a volte fastidioso impegno che è la patria potestà, indietreggia e cede il passo all’intervento dell’anziano patriarca.

Mi allontano, entro nel bar a prendere un caffè, esco dopo qualche minuto e trovo il terzetto ancora lì, questa volta davanti all’espositore, posto accanto alla slot machine. Il gelato non basta: il bambino chiede (anzi pretende) anche la una busta di figurine. Stessi toni, stessi modi… roba già vista.

Mi allontano sorridendo amaramente e riprendo la mia strada, lasciando che la voce querula del ragazzino si dissolva alle mie spalle e il padre arrancare nel tentativo di riprendere i gradi.

Dove voglio arrivare? Semplice. Ci ostiniamo a pretendere che sia lo Stato a difenderci dai mali del gioco d’azzardo, del fumo, dell’alcol ecc. Peroriamo le cause dei novi crociati, ci scagliamo contro le società di gaming online, le accusiamo di aver rovinato tante persone, di aver corrotto gli animi dei nostri ragazzi. Pretendiamo che le istituzioni tutelino i minori e che spazzino via con un colpo di spugna tutti i casinò online, le sale giochi, i circoli. “Lo Stato dovrebbe fare così”, “lo Stato non fa nulla per…”, “ma dov’è lo Stato quando…?”

Siamo talmente avvezzi allo scaricabarile che dimentichiamo che lo Stato, prima di tutto, siamo noi e che il dovere di educare i nostri figli non può essere delegato a nessuno. Se lasciamo che siano scuola, istituzioni o peggio la strada a farlo, poi non lamentiamoci e accettiamo quello che viene restituito.

Vizi e dipendenze vanno prima di tutto prevenuti, poi eventualmente combattuti. I governi hanno certo il dovere di intervenire, regolamentare, tutelare e abbiamo il sacrosanto diritto di pretenderlo. Ma lo strumento più efficace è e rimane la famiglia, perché se ci aspettiamo che siano i governanti a prendere a cuore le sorti dei cittadini e dei minori prima di tutto, allora non abbiamo capito niente.

 

 

 

 

 

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